La Cassazione chiarisce i criteri di valutazione dello spazio detentivo ai fini dei rimedi risarcitori contro i trattamenti inumani e degradanti, ex artt. 35-ter Ord. Pen. e 3 CEDU

Con la recente pronuncia che qui pubblichiamo (n. 45479/2022 del 9.9.2022), la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha chiarito – annullando con rinvio una pronuncia del Tribunale di Sorveglianza di Torino – quali sono i criteri da utilizzare nel calcolo della superficie libera disponibile della cella, ai fini dell’accesso del condannato ai rimedi risarcitori per le condizioni di sovraffollamento carcerario, ex art. 35-ter Ord. Pen., nonché i limiti in cui possono valere a superare la presunzione di violazione dell’art. 3 CEDU i c.d. “fattori compensativi” inerenti alle condizioni generali della detenzione.

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E’ noto, infatti, che l’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario (L. 354/1975) prevede i rimedi risarcitori conseguenti alla violazione del predetto art. 3 CEDU, in particolare per quanto concerne i casi in cui le condizioni detentive cui è sottoposto il condannato siano tali da integrare trattamenti inumani e degradanti. A tal fine, nella giurisprudenza della Corte EDU, si è consolidato un orientamento che muove, ai fini di tale valutazione, dal computo dello spazio effettivo disponibile per il singolo detenuto all’interno della cella (decurtato, ovviamente, dello spazio occupato dagli arredi tendenzialmente fissi al suolo) e dal suo raffronto con una soglia minimale di vivibilità, individuata nella misura di 3 metri-quadri. Sicché – sempre secondo l’interpretazione adottata dai Giudici di Strasburgo – la violazione del menzionato divieto di trattamenti inumani e degradanti può escludersi quando sia rispettata tale spazio minimo di movimento all’interno della cella, ovvero quando, pur in presenza di uno spazio inferiore, concorrano a caratterizzare la detenzione una serie di fattori c.d. compensativi quali: la breve durata della detenzione; una sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella per lo svolgimento di attività lavorative/formative/ricreative; delle condizioni complessivamente dignitose della struttura detentiva.

La pronuncia in commento appare particolarmente interessante sia sotto il profilo dei criteri di computo dello spazio minimo disponibile, sia sotto il profilo del valore da assegnare ai ridetti fattori compensativi ed alla loro necessità di congiunta e unitaria valutazione. Scrive la Corte: “nel caso in esame non solo il Tribunale di sorveglianza muove da criteri di computo dello spazio detentivo minimo individuale non In linea con i criteri sopra indicati, ma nel valutare i fattori compensativi non considera il presupposto della loro congiunta ricorrenza (soffermandosi sulla sola libertà di movimento del detenuto al di fuori della cella)”.

La decisione impugnata viene così annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Torino per un nuovo vaglio della questione.