Amianto e responsabilità penale: il difficile equilibrio tra diritto e scienza. Nota a margine dell’ennesimo provvedimento di archiviazione nel caso Ansaldo Breda Termomeccanica S.p.A.

Nota a Decreto di archiviazione, GIP Tribunale di Milano, 2.4.2025

di Avv. Carlo Cavallo

Il tema della responsabilità penale per le malattie professionali da esposizione ad amianto continua ad animare il dibattito giuridico e scientifico.

Il recente Decreto di archiviazione emesso dal GIP di Milano (dr.ssa Castellucci) – su conforme richiesta del Pubblico Ministero (Dr.ssa Mocciaro) – nel procedimento contro gli ex vertici della Breda Termomeccanica, accusati della morte di quattro lavoratori esposti per decenni all’amianto, ne é l’ennesima riprova.

Il procedimento era stato avviato per ipotesi di omicidio colposo (art. 589 c.p.) in relazione alla morte di quattro ex lavoratori della Breda Termomeccanica S.p.A. (poi Ansaldo), deceduti per patologie correlate all’esposizione a fibre di amianto: tre per mesotelioma pleurico, uno per carcinoma polmonare. Gli indagati erano ex amministratori, direttori e consiglieri della società, accusati di non aver adottato le misure di sicurezza necessarie per proteggere i lavoratori.

Il Pubblico Ministero, nella richiesta di archiviazione, ha ricostruito l’effettiva esposizione dei lavoratori all’amianto nei reparti “nucleare” e “convenzionale” della Breda, nonché la consapevolezza da parte della dirigenza dei rischi legati all’amianto sin dagli anni ’70, evidenziando il mancato rispetto delle norme prevenzionistiche vigenti. Tuttavia, ha concluso che lo stato attuale delle conoscenze scientifiche non consente di determinare con esattezza quando si sia verificata la fase di induzione della patologia nei singoli lavoratori, né di collegare in modo certo l’omissione dei singoli indagati al decorso patologico e all’evento morte.

Il GIP di Milano ha accolto la richiesta e ha disposto l’archiviazione per carenza di prova del nesso causale tra la condotta contestata e l’evento morte.

Nel corso delle indagini è emerso come nei reparti “nucleare” e “convenzionale” dell’azienda l’uso di amianto fosse diffuso e conosciuto, e come gli obblighi normativi in materia di prevenzione non siano stati adeguatamente adempiuti dagli organi direttivi. Tuttavia, nonostante l’accertata violazione della normativa di sicurezza sul lavoro, il Giudice meneghino non ha potuto che accogliere la richiesta di archiviazione sulla base della intrinseca ed (allo stato) insuperabile carenza nell’accertamento del nesso causale in casi di esposizione prolungata a sostanze cancerogene.

Secondo la più accreditata letteratura medico-legale, infatti, sia il mesotelioma che il carcinoma polmonare seguono un processo evolutivo c.d. multistadio: esso muove dall’induzione, fase in cui il danno irreversibile si attiva a livello cellulare, ed evolve poi nella c.d. progressione, che porta al manifestarsi clinico della malattia. Tuttavia, ad oggi, non è possibile collocare con precisione temporale queste fasi nella vita lavorativa del singolo soggetto, soprattutto quando l’esposizione si è protratta per periodi di 20-30 anni e le cariche degli indagati si sono succedute con durate variabili e spesso limitate.

In assenza, dunque, di una “sovrapposizione temporale” tra la posizione di garanzia degli imputati e l’innesco irreversibile della malattia, come richiesto dalla giurisprudenza più recente (Cass., Sez. IV, n. 25532/2019), non è possibile sostenere fondatamente l’accusa in giudizio.

Il caso Breda ci offre l’ennesima conferma della complessità che oggi attraversa i processi per amianto. La scienza, pur avendo unanimemente confermando la pericolosità della sostanza che ha portato alla sua abolizione dai cicli produttivi già decenni addietro, non consente un inquadramento causale individualizzato e sufficientemente preciso da soddisfare il principio dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”, richiesto in sede penale.

Ne deriva una tensione irrisolta tra l’istanza di giustizia delle vittime e dei loro familiari e il rigoroso standard probatorio che caratterizza il processo penale. Una riflessione ulteriore è dunque auspicabile, non solo per il futuro della tutela penale della salute nei luoghi di lavoro, ma anche per immaginare strumenti alternativi – come fondi di indennizzo dedicati – per offrire risposta concreta alle vittime di esposizioni prolungate e storicamente accertate.

Richiesta di archiviazione Decreto di archiviazione