Omesso versamento di ritenute certificate: innalzamento delle soglie di punibilità e abolizione parziale del reato

Articolo comparso sulla rivista Espansione

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 13 luglio 2017 (c.c. dell’11 maggio 2017), n. 34362, ha affrontato un caso non infrequente nel diritto penale: quello dei rapporti tra due disposizioni di legge che, succedendosi nel tempo, sanzionano diversamente il medesimo fatto.

Era accaduto, infatti, che con un provvedimento di condanna emesso del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo, il legale rappresentante di una società fosse stato irrevocabilmente condannato alla pena di 15.000,00 euro di multa per il reato di cui all’art. 10-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, non avendo ottemperato all’obbligo di versare, nei termini di legge, le ritenute fiscali operate sugli emolumenti erogati nel corso dell’anno di imposta 2011. L’importo non versato ammontava a complessivi 115.697,82 euro. All’epoca dell’accertamento e della vicenda penale l’omissione era sanzionata dalla legge se gli importi delle ritenute non versate superavano l’ammontare di 50.000,00 euro. Successivamente, il d.lgs. n. 158 del 2015 (entrato in vigore il 22/01/2015) aveva elevato a 150.000,00 euro tale importo, rendendo non più perseguibile in sede penale l’omesso versamento di somme inferiori.

            Alla luce del mutamento legislativo il citato legale rappresentante si era rivolto al Tribunale di Fermo per chiedere la revoca del provvedimento di condanna irrevocabile, ma il Tribunale aveva respinto la domanda. Contro tale rigetto è stato interposto ricorso in Cassazione.

La Corte ha giustamente affrontato il problema di stabilire se l’innalzamento della soglia per la rilevanza penale dell’omesso versamento abbia determinato l’abrogazione parziale dell’art. 10-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 per le condotte di aventi ad oggetto ritenute per importi inferiori.

Dopo una lunga premessa concettuale la Terza Sezione Penale della Cassazione ha rammentato che l’art. 8, comma 1, legge 11 marzo 2014, n. 23, intitolato “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita” aveva delegato il Governo a procedere alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo, tra l’altro, la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità.

In attuazione di tale criterio, si legge in sentenza, il legislatore delegato ha introdotto una nuova (e maggiore) soglia di punibilità dei fatti di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis del d.lgs. n. 74 deI 2000) e di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (art. l0-ter, del decreto legislativo n. 74 del 2000), al di sotto della quale il ricorso a misure sanzionatorie di tipo amministrativo, peraltro già previste dalla legislazione vigente, è apparso proporzionato alle caratteristiche dell’illecito.

Il mutato giudizio di offensività della condotta omissiva si è tradotto nel restringimento dell’area della sua penale rilevanza, con assegnazione a quella amministrativa delle condotte che si collocano al di sotto della nuova soglia.

Si è così verificata un’ipotesi di abrogazione parziale del reato di cui all’art. 10-bis, d.lgs. n. 74 del 2000 in ordine a tutte le sottofattispecie relative agli omessi versamenti inferiori alla nuova soglia, per i quali il giudizio di offensività è radicalmente mutato.

Sulla base di tali premesse si è dedotto che, al momento del ricorso in Cassazione, l’omesso versamento di somme inferiori a 150.000,00 euro doveva considerarsi non più previsto dalla legge come reato ed al Giudice Penale attualmente non residua altra possibilità che il proscioglimento perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Questa conclusione si riflette anche sui provvedimenti di condanna definitivi che quindi, per evidenti ragioni di uguaglianza di trattamento, devono essere revocati.

            E così è stato.