LA VICENDA UNIPOL E LA CASSAZIONE

di Carlo CAVALLO

Avvocato in Torino


Articolo comparso sulla rivista BancaFinanza (aprile 2013)150123-banca_finanza

 

Ribadendo l’enorme portata della innovazione introdotta con la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti – d. lgs. 231/2001 – appare opportuno segnalare all’attenzione dei lettori la vicenda seguente.

Con la sentenza n. 4324/2013, depositata il 29 gennaio 2013, la Corte di Cassazione ha affrontato l’intricata vicenda dipanatasi tra la fine di marzo e gli inizi di aprile dell’anno 2003 quando Unipol S.p.A., per il tramite della società appartenente allo stesso gruppo Meieaurora Assicurazioni S.p.A., aveva compiuto a Piazza Affari una serie di operazioni aventi ad oggetto la compravendita del proprio titolo.

Tali fatti richiamano, invero, complesse problematiche anche in relazione alla responsabilità nell’ambito dei gruppi di società: un tema strettamente affine a quello delle holding.

Occorre prendere le mosse dagli accadimenti.

La Procura della Repubblica di Milano aveva contestato al direttore finanziario della Unipol S.p.A. il reato previsto all’art. 2637 c.c. e d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 185, cioè aggiotaggio, consistente – secondo il testo di legge allora vigente – nel compimento di operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari quotati in Borsa.

Tale reato, secondo l’impostazione accusatoria accolta tanto nella sentenza di primo grado quanto in quella di appello, era stato commesso nelle sedute di borsa dei giorni 19, 20, 21, 24, 25, 26, 27, 28 e 31 marzo e 1 aprile 2003 mediante acquisti da parte della Meieaurora s.p.a., società appartenente allo stesso gruppo Unipol S.p.A. di azioni Unipol privilegiate, con modalità tali da creare una tendenza al rialzo progressivo della quotazione da Euro 1,669 ad Euro.1,781 . Successivamente a tale rialzo un pacchetto di 4,5 milioni di titoli era stato venduto il 31/03/2003 al prezzo unitario di Euro 1,76 dalla Finsoe s.p.a. – società controllante la Unipol – con un vantaggio economico di Euro 409.000.

In primo grado erano stati condannati per aggiotaggio il direttore finanziario di Unipol S.p.A. e la Unipol stessa per violazione della disciplina dettata dal decreto legislativo 231/2001. La Corte d’Appello di Milano poi aveva ridotto la condanna del direttore finanziario a dieci mesi di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Consob, confermando anche la responsabilità della Unipol per illecito amministrativo dipendente dal reato con un ridimensionamento della sanzione ad Euro 10.300.

L’imputato e l’ente hanno presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello milanese.

In particolare Unipol, premesso che il vantaggio economico di tutta l’operazione si era riverberato sulla Finsoe – società che controlla la Unipol – contestava l’affermazione di responsabilità sulla base di tre argomenti. Primo, la condotta di alterazione del mercato era stata realizzata nell’ambito della gestione del portafoglio titoli affidata al direttore finanziario dalla Meieaurora e non dalla Unipol; secondo, a parere della ricorrente la società emittente di un titolo non ha interesse diretto al valore dello stesso; terzo, l’eventuale interesse della Finsoe all’operazione doveva ritenersi irrilevante, non estendendosi la responsabilità degli enti per illecito amministrativo derivante da reato all’interno dei gruppi di società.

Il ricorso è stato rigettato.

La Corte di Cassazione, nella motivazione della sua pronunzia, ha osservato che, ai fini della responsabilità amministrativa, è sufficiente che il soggetto autore del resto abbia agito per un interesse non esclusivamente proprio o di terzi, ma anche per un interesse riconducibile alla società della quale lo stesso è esponente (Sez. 6, n. 36083 del 09/07/2009, Mussoni, Rv. 244256).

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Unipol, secondo la Corte di Cassazione questo titolo di responsabilità è individuabile anche all’interno di un gruppo di società: in sentenza si sottolinea, infatti, che la società capogruppo può rispondere per il reato commesso nell’ambito dell’attività di una società controllata laddove il soggetto agente abbia perseguito anche un interesse riconducibile alla predetta capogruppo (Sez. 5, n.24583 del 18/01/2011, Tosinvest, Rv. 249820).

Alla luce di questi principi, ai fini della esclusione di responsabilità, nella specie è irrilevante la circostanza che il direttore finanziario abbia agito nell’ambito di un incarico affidatogli dalla Meieaurora, considerato che tale azione è ricollegabile ad un interesse della Unipol. E la ravvisabilità di tale interesse, scrive la Cassazione, è stata adeguatamente motivata nella sentenza d’appello con riferimento non, come lamentato, all’emissione da parte della Unipol del titolo oggetto delle contrattazioni contestate, ma rispetto alla posizione della società all’interno del gruppo ed al vantaggio che per la stessa ne derivava dall’incremento del valore del titolo.

Per tali ragioni, si conclude, anche la società Unipol S.p.A. non può ritenersi estranea alla responsabilità che per essa scaturisce, ai sensi del d. lgs. 231/2001, dalla condotta tenuta in questa vicenda dal direttore finanziario.